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dell'impero romano cap. xxxvii. 59

dall’universal silenzio de’ Padri ortodossi, delle antiche versioni, e de’ Manuscritti autentici1. Fu esso allegato per la prima volta da’ Vescovi cattolici, che Unnerico invitò alla conferenza di Cartagine2. Una allegorica interpretazione in forma probabilmente di nota marginale, invase il testo delle Bibbie Latine, che si rinnuovarono, e corressero nell’oscuro periodo di dieci secoli3. Dopo l’invenzione della stampa4,

    1689 il Papista Simon cercava d’esser libero; nel 1707 il Protestante Mill desiderava d’essere schiavo; nel 1751 l’Arminiano Wetstein si servì della libertà de’ suoi tempi, e della sua setta.

  1. Fra tutti i Manoscritti che esistono nel numero di ottanta ve ne sono alcuni che hanno almeno 1200 anni. (Wetstein lot. cit.). Le copie ortodosse del Vaticano, degli Editori Complutensiani, e di Roberto Stefano son divenute invisibili; ed i due Manoscritti di Dublino e di Berlino non meritano di fare un’eccezione. Vedi Emlyn Oper. Vol. II. pag. 227, 255, 269, 299 e le quattro ingegnose lettere del Sig. de Missy nel Tom. 8 e 9 del Giornale Britannico.
  2. O piuttosto da’ quattro Vescovi, che composero, e pubblicarono la professione di fede in nome de’ loro confratelli. Essi dicono questo testo luce clarius (Victor. Vitens. De persecut. Vandal. L. III. c. II. p. 54). Poco dopo è citato da’ Polemici Affricani, Vigilio e Fulgenzio.
  3. Nell’XI, e XII secolo le Bibbie furon corrette da Lanfranco, Arcivescovo di Canterbury, e da Nicola, cardinale e bibliotecario della Chiesa Romana, secundum ortodoxam fidem (Wetstein Prolegom. p. 84, 85). Nonostanti queste correzioni, quel passo tuttavia manca in venticinque Manoscritti Latini (Wetstein loc. cit.), che sono i più antichi, ed i più belli: due qualità, che rare volte s’uniscono, eccetto ne’ Manoscritti.
  4. Quest’arte, che avevano inventato i Germani, fu applicata in Italia agli scrittori profani di Roma, e della Grecia.