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dell'impero romano cap. xxxvii. | 47 |
il compimento delle proprie lor predizioni. Nonostanti queste provocazioni, i Cattolici della Gallia, della Spagna, e dell’Italia goderono sotto il regno degli Arriani, l’esercizio libero e pacifico della lor religione. I superbi loro Signori rispettaron lo zelo d’un numeroso Popolo, risoluto di morire a piè de’ propri altari, e fu ammirato ed imitato de’ Barbari stessi l’esempio della devota loro costanza. I conquistatori, per altro, evitarono la vergognosa taccia o confessione di timore con attribuire la lor tolleranza a’ generosi motivi di ragionevolezza e d’umanità; e mentre affettavano il linguaggio del Cristianesimo, ne acquistarono senza avvedersene il vero spirito.
[A. 429 477] La pace della Chiesa fu talvolta interrotta. I Cattolici erano indiscreti, ed i Barbari impazienti; e gli atti parziali di severità, o d’ingiustizia, che venivano raccomandati dal Clero Arriano, furono esagerati dagli scrittori ortodossi. Può darsi l’accusa di persecutore ad Enrico, Re de’ Visigoti, che sospese l’esercizio delle funzioni ecclesiastiche, o almeno Episcopali, e punì i Vescovi popolari dell’Aquitania con la carcere, coll’esilio, e con la confiscazione1. Ma da’ soli Vandali s’intraprese la crudele ed assurda opera di sottometter le menti d’un intero Popolo. Genserico medesimo nella sua prima gioventù avea abbandonato la comunione ortodossa; e l’apostata non poteva nè concedere, nè sperare un sincero perdono. Era egli esacerbato nel vedere, che gli Affricani, i quali eran fuggiti dalle
- ↑ Tali sono le querele contemporanee di Sidonio Vescovo di Clermont (L. VII. c. 6. p. 182, ec. edit. Sirmond). Gregorio di Tours, che cita questa lettera (L. II. c. 25 in Tom. 2. p. 174), ne trae un’asserzione, che non si può verificare, cioè che di nove sedi Vacanti nell’Aquitania, alcune eran vacate per causa di Martiri episcopali.