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dell'impero romano cap. xli. 471

costituzione, fu punito senza processo come un malfattore ed uno schiavo; pure tale fu la costanza dell’animo suo, che Fozio sostenne i tormenti più forti senza violare la fede, che aveva giurato a Belisario. Dopo questa inutile crudeltà, il figlio d’Antonina, mentre sua madre si divertiva coll’Imperatrice, fu sepolto nelle sotterranee prigioni di questa, che non ammettevano distinzione alcuna fra la notte ed il giorno. Egli scappò due volte a’ più venerabili santuari di Costantinopoli, alle Chiese di S. Sofia, e della Vergine: ma le sue tiranne non eran sensibili nè alla religione nè alla pietà; ed il misero giovine, fra i clamori del Clero e del Popolo, fu per due volte dall’Altare tratto alla prigione. Il terzo di lui tentativo fu più fortunato. In capo a tre anni, il Profeta Zaccaria, o qualche mortale suo amico, gl’indicò la maniera di fuggire; deluse le spie e le guardie dell’Imperatrice; giunse al santo sepolcro di Gerusalemme, abbracciò la professione di Monaco; e l’Abate Fozio, dopo la morte di Giustiniano, fu impiegato a riconciliare fra loro, e regolare le Chiese dell’Egitto. Il figlio d’Antonina soffrì tutto quello, che un nemico può infliggere: ma il paziente di lei marito si sottopose alla più vergognosa miseria di violare la sua promessa, e d’abbandonare l’amico. Nella seguente campagna, Belisario fu di nuovo mandato contro i Persiani: ei salvò l’Oriente; ma offese Teodora, e forse l’Imperatore medesimo. Una malattia di Giustiniano avea colorito il rumore della sua morte; ed il Generale Romano, sulla supposizione di questo probabile avvenimento, parlò col libero linguaggio proprio d’un Cittadino, e d’un soldato. Buze, suo Collega, che concorse ne’ medesimi sentimenti,