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dell'impero romano cap. xli. 461

truppe degli alti e robusti Barbari restaron confuse all’aspetto della propria loro pazienza; e le donne d’animo più virile, sputando in faccia de’ propri figli e mariti, facevan loro i più amari rimproveri per aver abbandonato il dominio e la libertà loro a que’ pimmei del mezzogiorno, spregevoli pel numero, e di statura sì piccola. Avanti che i Goti potessero rientrare in se stessi dalla prima sorpresa, e chieder l’adempimento delle incerte loro speranze, il vincitore assicurò il suo potere in Ravenna dal pericolo del pentimento e della rivolta. Vitige, che forse avea tentato di fuggire, fu onorevelmente guardato nel suo palazzo1; fu scelto il fiore della gioventù Gotica per il servizio dell’Imperatore; il resto del Popolo fu rimandato alle pacifiche sue abitazioni nelle Province meridionali: e fu invitata una colonia d’Italiani a riempire la spopolata Città. S’imitò la sottomissione della Capitale nelle Città e villaggi d’Italia, che non furono soggiogati, e neppur veduti da’ Romani; e gl’indipendenti Goti, che rimasero in armi a Pavia ed in Ve-

    del 539, ed il Pagi (Tom. II p. 169) è corretto dal Muratori (Annali d’Ital. Tom. V p. 62) che prova con un documento originale in papiro (Antiq. Ital. med. aevi Tom. II Diss. 32 p. 999, 1007, Maffei Istor. Diplom. p. 155, 160), che prima del 3 gennaio 540 era ristabilita la pace e la corrispondenza libera fra Ravenna e Faenza.

  1. Ei fu preso da Giovanni il Sanguinario, ma fu prestato un giuramento per la sua sicurezza nella Basilica di Giulio (Hist. Miscell. L. XVII presso il Muratori Tom. I p. 107.): Anastasio (in Vit. Pontif. p. 40) ne dà un’oscura, ma probabile relazione. Mascou (Istor. de’ Germani XII, 21) cita il Montfaucon per uno scudo votivo rappresentante la schiavitù di Vitige, che ora è nella Collezione del Sig. Landi a Roma.