460 |
storia della decadenza |
|
fama e la fortuna di Belisario con la debolezza del disgraziato lor Re; e tal confronto suggerì uno straordinario progetto, a cui Vitige con apparente rassegnazione fu costretto ad acconsentire. La divisione avrebbe rovinato la forza della Nazione, l’esilio l’avrebbe disonorata; essi dunque offerivan le loro armi, i tesori, e le fortificazioni di Ravenna, se Belisario avesse voluto non più riconoscer l’autorità d’un padrone, ma accettar la scelta dei Goti, e prender, come meritava, il Regno d’Italia. Quand’anche il falso splendor d’un diadema avesse potuto tentar la lealtà d’un suddito fedele, la sua prudenza avrebbe dovuto preveder l’incostanza de’ Barbari, e la ragionevole sua ambizione dovea preferire il sicuro ed onorevole posto di Generale Romano. La pazienza medesima, e l’apparente soddisfazione, con cui esso trattò un progetto di tradimento, sarebbe stata capace d’una maligna interpretazione. Ma il Luogotenente di Giustiniano sapeva la propria rettitudine; egli entrò in un oscuro e tortuoso sentiero, quale avrebbe potuto condurre alla volontaria sommissione de’ Goti; e la sua destra politica li persuase, ch’egli era disposto a compiacere i lor desiderj, senza però impegnarsi ad alcun giuramento o promessa per la conclusione d’un trattato, ch’ei segretamente abborriva. Dagli Ambasciatori Gotici fu determinato il giorno della resa di Ravenna; una flotta, carica di provvisioni, quasi un graditissimo ospite, fu introdotta nel più interno recinto del porto; furono aperte le porte all’immaginario Re d’Italia; e Belisario, senza incontrare neppure un nemico, passeggiò in trionfo per le strade d’un’inespugnabil Città1. I Romani furon sorpresi del loro successo; le
- ↑ Ravenna fu presa non già nell’anno 540 ma nel fine