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dell'impero romano cap. xli. 459

sorpreso all’arrivo di due Ambasciatori, che vennero da Costantinopoli con un trattato di pace, che Giustiniano imprudentemente avea sottoscritto senza degnarsi di consultare l’autore della sua vittoria. Mediante questo vergognoso e precario accordo si divideva l’Italia ed il tesoro Gotico, e si rilasciavano le Province di là dal Po col titolo Reale al successore di Teodorico. Gli Ambasciatori s’affrettarono ad eseguire la salutare lor commissione; il prigioniero Vitige accettò con trasporto l’inaspettata offerta d’una corona; presso i Goti prevalse all’onore la mancanza e il desiderio del cibo; ed i Capitani Romani, che mormoravano per la continuazion della guerra, professarono una cieca sommissione a’ comandi dell’Imperatore. Se Belisario non avesse avuto che il coraggio d’un soldato, gli sarebbe stato strappato di mano l’alloro da’ timidi ed invidiosi consigli; ma in quel decisivo momento risolvè, con la magnanimità d’un uomo di Stato, di solo sostenere il pericolo e il merito d’una generosa disubbidienza. Ciascheduno de’ suoi Ufiziali diede in iscritto il suo sentimento, che l’assedio di Ravenna era impraticabile, e senza speranza: allora il Generale rigettò il trattato di divisione, e dichiarò la sua risoluzione di condur Vitige in catene a’ piedi di Giustiniano. I Goti si ritirarono con dubbiezza e spavento; questa perentoria negativa gli privò dell’unica sottoscrizione, a cui potevano affidarsi; e riempiè le loro menti d’un giusto timore, che un sagace nemico avesse conosciuto in tutta la sua estensione il deplorabile loro stato. Essi paragonarono la

    mente astenersi da certe specie di ostilità: Vedi il giuramento Anfizionico presso Eschine, da falsa Legatione.