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storia della decadenza |
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per servir nelle sue guerre Persiane. Le truppe, che tuttavia militavano sotto le bandiere di Vitige, erano molto più numerose delle Romane; pure nè le preghiere, nè la diffidenza, nè l’estremo pericolo de’ suoi più fedeli sudditi poteron trarre il Re Goto dalle fortificazioni di Ravenna. Queste in fatti non potevano espugnarsi nè per mezzo dell’arte nè della violenza; ed allorchè Belisario investì la Capitale, fu tosto convinto, che la sola fame avrebbe potuto ammansire l’ostinato spirito de’ Barbari. Dalla vigilanza del Generale Romano si guardavano il mare, la terra ed i canali del Po, e la sua morale estendeva i diritti della Guerra all’uso di avvelenar le acque1, e di bruciare segretamente i granai2 d’una Città assediata3. Mentre stringeva li blocco di Ravenna restò
- ↑ Nell’assedio d’Osimo a principio cercò di demolire un vecchio acquedotto, e quindi gettò nell’acqua, 1. de’ cadaveri: 2. dell’erbe nocive: e 3. della calce viva, che si chiama (dice Procopio L. II c. 29) τιτανος dagli antichi, e dai moderni ασβεσος. Pure ambedue queste voci si usano come sinonime da Galeno, da Dioscoride, e da Luciano (Henr. Steph. Thes. Ling. Graec. Tom. III
p. 748).
- ↑ I Goti sospettarono, che Matasuiuta fosse complice del fatto, che forse
fu cagionato da un incendio accidentale.
- ↑ A rigor filosofico sembra, che una limitazione de’ diritti di guerra nel nuocere al nemico implichi non senso e contraddizione. Grozio medesimo si perde in una distinzione fra il Gius di natura e quello delle Genti, fra il veleno e l’infezione. Ei pondera da una parte della bilancia i passi d’Omero (Odyss. A. 259 ec.) e di Floro (L. II c. 10 n. 7 ult.), e dall’altra gli esempi di Solone (Pausan. L. X c. 37) e di Belisario. Vedi la sua grand’Opera de Jure Belli et Pacis L. III c. 4 §. 15, 16, 17, e nella Traduzione di Barbeyrac Tom. II p. 257 ec. Io capisco però il vantaggio e la validità d’una convenzione, tacita o espressa, di vicendevol-