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450 | storia della decadenza |
la fatica del minimo soldato, ed emulava, in un teatro meno illustre, le virtù militari del suo gran Comandante. Le torri e le macchine de’ Barbari si resero inutili, se ne rispinser gli attacchi; ed il tedioso blocco, che ridusse la guarnigione all’ultima estremità della fame, diede tempo all’unione ed alla marcia delle forze Romane. Una flotta, che aveva sorpreso Ancona, navigò lungo la costa dell’Adriatico in soccorso dell’assediata città; l’eunuco Narsete sbarcò nel Piceno con duemila Eruli, e cinquemila delle più brave truppe d’Oriente. Fu forzata la rocca dell’Apennino; diecimila veterani girarono il piè delle montagne sotto il comando di Belisario medesimo: e comparve una nuova armata che s’avanzava lungo la via Flamminia, gli accampamenti della quale risplendevano d’innumerabili lumi. I Goti oppressi dallo stupore e dalla disperazione, abbandonaron l’assedio di Rimini, le loro tende, le lor bandiere ed i lor condottieri; e Vitige, che diede o seguitò l’esempio della fuga, non si fermò finattantochè non trovò un ricovero nelle mura e nelle paludi di Ravenna.
[A. 538] A queste mura e ad alcune Fortezze prive d’ogni comunicazione fra loro era in quel tempo ridotta la Monarchia Gotica. Le Province d’Italia avevano abbracciato il partito dell’Imperatore; ed il suo esercito, reclutato di mano in mano fino al numero di ventimila uomini, avrebbe dovuto compire una rapida e facil conquista, se le invincibili sue forze non si fossero indebolite dalla discordia de’ Generali Romani. Avanti che terminasse l’assedio, un atto sanguinoso, ambiguo ed indiscreto macchiò la bella fama di Belisario. Presidio, fedele Italiano, mentre fuggiva da Ravenna a Roma, fu duramente arrestato da Costan-