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moglie; Antonina serviva alle passioni dell’Imperatrice; e Teodora prodigamente spargeva i suoi tesori con la vana speranza d’ottenere un Pontefice contrario, o almeno indifferente per il Concilio di Calcedonia1.

La lettera di Belisario all’Imperatore annunciava la vittoria, il pericolo e la fermezza di esso. „Secondo i vostri ordini sono entrato (dic’egli) ne’ dominj de’ Goti, ed ho ridotto alla vostra ubbidienza la Sicilia, la Campania e la Città di Roma: la perdita però di tali conquiste sarà più vergognosa di quel che ne fosse glorioso l’acquisto. Fin qui abbiamo felicemente combattuto contro sciami di Barbari, ma la lor moltitudine può alla fin prevalere. La vittoria è dono della provvidenza; ma la reputazione de’ Re e de’ Generali dipende dal buono o cattivo successo de’ loro disegni. Permettetemi di parlare con libertà: se volete che viviamo, mandateci viveri; se desiderate che facciamo conquiste, mandateci armi, cavalli, e uomini. I Romani ci hanno ricevuto come amici e liberatori; ma nella nostra presente angustia, o saranno essi traditi per la loro fiducia, o noi resterem oppressi dal tradimento e dall’odio di essi. Quanto a me, la mia vita è consacrata al vostro servizio: a voi tocca a riflettere, se in questa situazione la mia morte contribuirà alla gloria, ed alla prosperità del vostro

  1. Procopio (Goth. L. I c. 25) è un testimone secco e ripugnante a quest’atto di sacrilegio. Le narrazioni di Liberato (Breviar. c. 22) e d’Anastasio (de. vit. Pont. p. 39) sono caratteristiche, ma appassionate. S’odano l’esecrazioni del Cardinal Baronio (An. 536 n. 123. An. 538 n. 4, 20) portentum, facinus omni execratione dignum.