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dell'impero romano cap. xxxvii. 39

ricusavano di adorare il Dio de’ loro padri, erano immediatamente abbruciati con le tende e famiglie loro. Il carattere d’Ulfila lo fece rispettare alla Corte Orientale, dove comparve due volte come ministro di pace; perorò esso in favore degli angustiati Goti, che imploravano la protezion di Valente, e si applicò il nome di Mosè a questa guida spirituale, che condusse il suo Popolo per le profonde acque del Danubio alla Terra di Promissione1. I devoti pastori, ch’erano attaccati alla sua persona, ed ubbidienti alla sua voce, si contentarono di stabilirsi al piè delle montagne Mesie in un paese abbondante di boschi e di pasture, che alimentava i loro greggi ed armenti, e gli poneva in istato di comprare il grano, ed il vino delle Province più fertili. Quest’innocenti Barbari si moltiplicarono nell’oscurità della pace, e nella professione del Cristianesimo2.

[A. 400] I loro più feroci fratelli, i formidabili Visigoti, generalmente adottarono la religione de’ Romani, co’ quali avevano continuamente occasion di trattare, per motivo di guerra, di amicizia o di conquista. Nella lunga e vittoriosa lor marcia dal Danubio all’Oceano Atlantico, essi convertirono i loro alleati; educarono la nascente generazione; e la devozione, che regnava nel

  1. Filostorgio erroneamente pone questo passaggio sotto il regno di Costantino; ma io sono molto inclinato a credere, che questo fosse anteriore a
  2. Noi dobbiamo a Giornandes (de Reb. Get. cap. 151. p. 688) una breve e vivace pittura di questi Goti minori. „Gothi minores, populus immensus, cum suo Pontifice ipsoque Primate Wulfila„. Le ultime parole, se non sono una pura ripetizione, indicano qualche giurisdizione temporale.