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dell'impero romano cap. xli. 443

suoi ornamenti Pontificali, vestito da semplice monaco; e senza dilazione imbarcato per un lontano esilio in Oriente. Per ordine poi dell’Imperatore, il Clero di Roma procedè alla scelta d’un nuovo Vescovo, e dopo una solenne invocazione dello Spirito Santo, elesse il diacono Vigilio, che avea comprato la sede Papale con un donativo di dugento libbre d’oro. S’imputò a Belisario il profitto, e per conseguenza la colpa di questa simonìa: ma l’Eroe ubbidiva agli ordini della sua

    gem Gothorum:. . . . . . . . . . . . . . . Asinaria, juxta Lateranas, et Civitatem tibi trado, et Vilisarium Patricium. Quod autem Vilisarius non credebat: Sciebat enim, quod per invidiam haec de eo dicebantur. Sed dum multi in eadem accusatione persisterent, pertimuit etc. Son questi i testimoni degni di fede? questa è la propria sottoscrizion di Silverio? Gibbon dirà, che questa descrizione è appassionata. Vediamo dunque Liberato: Belisarius vero (dic’egli) Romam reversus, evocans Silverium ad Palatium, intentabat ei calumniam, quasi Gothis scripsisset, ut Romam introirent. Fertur enim Marcum quemdam Scholasticum, et Julianum quemdam Praetorianum fictas de nomine Silverii composuisse litteras Regi Gothorum scriptas, ex quibus convinceretur Silverius Romanam velle prodere Civitatem. Secreto autem Belisarius et ejus conjux persuadebant Silverio implere praeceptum Augustae, ut tolleretur Chalcedonensis synodus, et per epistolam suam haereticorum firmaret fidem ec. Se anche questa è una testimonianza appassionata, noi domanderemo al Sig. Gibbon, quali son dunque le narrazioni vere ed imparziali, dalle quali esso ha tratto la notizia de’ credibili testimoni, che accusaron Silverio, e della propria di lui sottoscrizione? E frattanto ch’ei trova altre autorità opportune per il suo intento, avremo tutta la ragione d’approvar come giuste l’esecrazioni del Card. Baronio contro la patente e sacrilega ingiustizia di Belisario.

    Nota dell’Editore Pisano.