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storia della decadenza |
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di Roma. Il formidabil’esercito de’ Goti non fu sufficiente ad abbracciar l’ampio circuito della Città; di quattordici porte non ne furono investite che sette dalla via Prenestina fino alla Flamminia; e Vitige divise le sue truppe in sei campi, ciascheduno dei quali era fortificato con un fosso ed un muro. Dalla parte del fiume verso la Toscana, formossi un settimo accampamento nel campo o circo del Vaticano, per l’importante oggetto di dominare il ponte Milvio, ed il corso del Tevere; ma s’accostavano con devozione alla vicina Chiesa di S. Pietro, e durante l’assedio, la soglia de’ Santi Apostoli fu rispettata da un nemico Cristiano. Ne’ secoli delle vittorie, ogni volta che il Senato decretava qualche distante conquista, il Console dichiarava la guerra con aprire in solenne pompa le porte del Tempio di Giano1. La guerra domestica rese in quest’occasione superfluo l’avviso, e la ceremonia erasi abolita dallo stabilimento d’una nuova Religione: ma rimaneva tuttora in piedi nel Foro il tempio di bronzo di Giano, ch’era di una grandezza capace di contener solamente la statua di quel nume alta cinque cubiti, di figura umana, ma con due faccie, dirette all’Oriente ed all’Occidente. Le doppie porte erano parimente di bronzo; ed un inutile sforzo per girarle su’ rugginosi lor cardini, manifestò lo scandaloso segreto, che v’erano de’ Romani tuttavia attaccati alla superstizione de’ loro Maggiori.
- ↑ Procopio ha dato la miglior descrizione del Tempio di Giano, Divinità nazionale del Lazio (Heyne Excurs. V ad L. VII Aeneid.). Esso formava anticamente una porta nella primitiva città di Romolo e di Numa (Nardini Pag. 13, 256, 329). Virgilio ha descritto quest’antico rito da Poeta e da Antiquario.