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dell'impero romano cap. xli. 395

tenzioni, e voi potete con piena sicurezza contare sulla parola di Belisario. Finattantochè il Cielo ci condanna a soffrire, la pazienza è una virtù; ma se rigettiamo la liberazione, che ci offre, degenera in una cieca e stupida disperazione.„ „Io conosco (replicò il Re de’ Vandali) quanto è ragionevole e da amico il vostro consiglio. Ma non posso persuadermi a divenir lo schiavo d’un ingiusto nemico che ha meritato l’implacabile mio odio. Io non lo ho mai offeso nè in parole nè in fatti: pure ha mandato contro di me, non so da qual parte, un certo Belisario, che mi ha precipitato dal trono in questo abisso di miseria. Giustiniano è un uomo, ed è un Principe; non teme ancor egli un simil rovescio della fortuna? Io non posso scriver di più: il mio dolore mi opprime. Vi prego, mio caro Fara, di mandarmi una Lira1, una spugna ed un pane.„ Dal messaggio Vandalo seppe Fara i motivi di questa singolar domanda. Era gran tempo che il Re dell’Affrica non aveva gustato pane; aveva una flussione agli occhi, effetto della fatica e del continuo suo pianto; e desiderava di sollevar la malinconia cantando sulla Lira la trista istoria delle sue disgrazie. Fara si mosse a compassione, e gli mandò quegli straordinari tre doni; ma la stessa sua umanità l’indusse a raddoppiare la vigilanza delle guardie per poter più presto costringere il suo prigioniero ad abbracciare una risoluzione vantaggiosa in vero a’ Romani, ma

  1. Da Procopio si chiama Lira: l’Arpa sarebbe forse stata più nazionale. Gl’istromenti di musica si distinguono da Venanzio Fortunato in tal modo: Romanusque Lyra tibi plaudat, Barbarus harpa.