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dell'impero romano cap. xli. |
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dal caso, dal tradimento e dalle istancabili ricerche de’ suoi nemici, che impediron la fuga di esso dalla parte del mare, e cacciarono il disgraziato Monarca, con alcuni suoi fedeli seguaci, fino all’inaccessibil montagna di Papua1, nell’interno della Numidia. Ei vi fu immediatamente assediato da Fara, Ufiziale di cui tanto più lodavasi la fede e la sobrietà, quanto erano tali qualità più rare fra gli Eruli, tribù la più corrotta di tutte le altre fra’ Barbari. Belisario affidato aveva alla sua vigilanza quest’importante incarico; e dopo un ardito tentativo di scalar la montagna, nel quale perdè centodieci soldati, Fara aspettò l’effetto, che l’angustia e la fame, durante un assedio invernale, avrebbe operato nell’animo del Re Vandalo. Dall’uso de’ più molli piaceri, e dall’illimitata dominazione sopra l’industria e la ricchezza, fu egli ridotto a partecipare della povertà de’ Mori2, che si rendea loro soffribile solo per l’ignoranza, in cui erano di una condizion più felice. Nelle rozze loro capanne di fango e di creta, che ritenevano il fumo, ed escludevan la luce, promiscuamente dormivano sul suolo,
- ↑ Il monte Papua si pone dal Danville (Tom. III p. 92 e Tabul. Imp. Rom. Occident.) presso Ippone Regio, ed il mare: tal situazione però mal s’accorda con le lunghe ricerche fattene al di là d’Ippone, e con le parole di Procopio (L. II c. 4). Εν τοις Νουμιδιαρς εσχατοις (negli estremi della Numidia).
- ↑ Shaw (Viagg. p. 220) descrive con somma accuratezza i costumi de’ Bedwini, e de’ Kabili, gli ultimi de’ quali secondo il loro linguaggio, sono i residui de’ Mori: pure quanto son mutati questi moderni selvaggi, quanto si sono inciviliti! Fra loro sono abbondanti le provvisioni, ed il pane è comune.