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384 | storia della decadenza |
fu rispettosamente servito da’ prigionieri Ministri della Casa Reale; e in que’ momenti di solennità, nei quali gl’imparziali spettatori applaudivano alla fortuna ed al merito di Belisario, tore i suoi invidiosi adulatori segretamente spargevano il loro veleno sopra ogni parola ed ogni gesto, che poteva eccitar i sospetti di un geloso Monarca. Fu impiegata una giornata in questi pomposi spettacoli che non possono disprezzarsi come inutili, allorchè s’attirano la popolare venerazione; ma l’attività di Belisario che nell’orgoglio della vittoria potea temere anche una disfatta, avea già risoluto, che l’Impero de’ Romani sull’Affrica non dipendesse dagli accidenti delle armi o dal favore del Popolo. Le sole fortificazioni di Cartagine erano state immuni dalla general proscrizione; ma in un Regno di novanta cinque anni si erano lasciate cadere dagli spensierati e indolenti Vandali. Un più savio conquistatore restaurò con incredibil prestezza le mura ed i fossi della Città. La sua liberalità incoraggi gli artefici; i soldati, i marinari ed i cittadini facevano a gara l’uno coll’altro in quella salutevole opera; e Gelimero, che aveva temuto d’affidare la sua persona ad un’aperta città, mirò con istupore e disperazione il nascente vigore d’una inespugnabil Fortezza.
[A. 533] Quest’infelice Monarca dopo la perdita della sua Capitale, s’applicò a raccogliere i residui d’un’armata dispersa, piuttosto che distrutta dalla precedente battaglia; e la speranza della preda tirò alcune truppe moresche alle bandiere di Gelimero. Ei s’accampò
denominazione al luogo, dove si facevano i Banchetti reali (Procop. Vandal. lib. I. c. 21: Du Cange Gloss. Graec. p. 277 v. Δελφικον, ad Alexiad. p. 412).