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dell'impero romano cap. xxxvii. | 33 |
usurpavan la tana di qualche bestia selvaggia, a cui cercavano di assomigliarsi; si seppellivano in qualche oscura caverna, che l’arte o la natura avea scavato nel masso, e le cave di marmo della Tebaide portano tuttavia scritti i monumenti della lor penitenza1. Si suppone, che gli Eremiti più perfetti passassero molti giorni senza cibo, molte notti senza dormire, e molti anni senza parlare; e glorioso era l’uomo (io abuso di tal nome) che inventava una cella, o un luogo di tale particolar costruzione, che l’esponesse nella più incomoda positura all’intemperie delle stagioni.
Fra questi eroi della vita monastica si è reso immortale il nome ed il genio di Simeone Stilita271 per la singolare invenzione d’una penitenza aerea. All’età di tredici anni il giovine Siro abbandonò la professione di pastore, e si gettò in un rigido monastero. Dopo un lungo e penoso noviziato, in cui Simeone fu più volte salvato da un pio suicidio, stabilì la sua dimora sopra una montagna circa trenta o quaranta miglia all’Oriente d’Antiochia. Chiuso dentro lo spazio d’una Mandra, o cerchio di pietre, a cui si era attaccato con una pesante catena, salì sopra una colonna, che fu successivamente alzata dall’altezza di nove piedi
- ↑ Il P. Sicard. (Missions du Levant Tom. II. p. 217, 233) esaminò le caverne della bassa Tebaide con maraviglia e devozione. Le iscrizioni sono in carattere Siriaco antico, quale si usava da’ Cristiani nell’Abissinia.
- ↑ Vedi Teodoreto (in Vit. Patr. L. IX. p. 848,854), Antonio (in Vit. Patr. L. I. p. 170, 177), Cosma (in Assemann. Biblioth. Or. Tom. I. p. 239,253), Evagrio (L. I. c. 13, 14), e Tillemont (Mem. Eccl. Tom. XV. p. 347, 392).