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un fedel Consigliere, ed il suo malveduto nipote, l’Achille de’ Vandali. Ma l’indulgenza che Ilderico avea dimostrato a’ suoi sudditi Cattolici, lo raccomandò efficacemente al favore di Giustiniano, che per vantaggio della propria setta, poteva ammettere l’uso e la giustizia della tolleranza religiosa. Mentre il nipote di Giustino era tuttavia privato, si fomentò la loro alleanza col vicendevol commercio di doni e di lettere; e l’Imperator Giustiniano sostenne la causa della dignità reale e dell’amicizia. Egli ammonì l’usurpatore in due successive ambascierie a pentirsi del suo tradimento o almeno ad astenersi da ogni ulteriore violenza che provocar potesse l’ira di Dio, e de’ Romani; a rispettare le leggi della parentela e della successione; ed a lasciar, che un uomo vecchio ed infermo terminasse in pace i suoi giorni, o sul trono di Cartagine, o nel palazzo di Costantinopoli. Le passioni, ovvero la prudenza di Gelimero lo costrinsero a rigettar queste domande, che venivan fatte con calore nell’altiero tuono di minacce e di comandi, ed ei giustificò la sua ambizione in un linguaggio, che di rado tenevasi alla Corte di Bizanzio, allegando il diritto, che aveva un Popolo libero di rimuovere o di punire il suo principal Magistrato che avea mancato nell’esecuzione dell’ufizio Reale. Dopo questa inutile intimazione il prigioniero Monarca fu trattato con più rigore; al suo nipote furono levati gli occhi, ed il crudel Vandalo, confidando nella sua forza e distanza derideva le vane minacce, ed i lenti preparativi dell’Imperatore d’Oriente. Giustiniano dunque risolvè di liberare, o vendicare il suo amico; Gelimero di sostener la sua usurpazione; e la guerra, secondo l’uso delle Nazioni incivilite, fu preceduta dalle più