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dell'impero romano cap. xl. |
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Filosofica tanto ripugnante alla dottrina, o almeno al carattere d’un umil credente. La setta che restava dei Platonici, e che Platone si sarebbe vergognato di riconoscer per sua, fece uno stravagante miscuglio di una sublime teoria con la pratica della superstizione e della magia; e siccome questi rimasero soli in mezzo ad un Mondo cristiano, fomentarono un segreto rancore contro il governo della Chiesa e dello Stato, che tenevano sempre sospesi i rigori sulle lor teste. Circa un secolo dopo il Regno di Giuliano1, fu permesso a Proclo2 d’insegnare nella Cattedra filosofica dell’Accademia, e tale fu la sua industria, che spesso pronunziò nel medesimo giorno cinque lezioni, e compose settecento versi. La sagace sua mente esplorò le più profonde questioni della morale e della metafisica, e s’avventurò a proporre diciotto argomenti contro la dottrina Cristiana della creazione del Mondo. Ma negli intervalli di tempo che gli lasciava lo studio, ei diceva di conversare personalmente con Pane, con Esculapio e con Minerva, ne’ misteri de’ quali era segretamente iniziato, e de’ quali adorava le abbattute statue nella devota persuasione che il Filosofo, ch’è un cittadino dell’Universo, dovesse essere il sacerdote
- ↑ Questa non è un’Era immaginaria: i Pagani contavano le lor calamità dal regno del loro Eroe. Proclo, di cui la nascita è segnata dal suo Oroscopo (l’an. 412 il dì 8 di Febbrajo a Costantinopoli), morì 124 anni απο Ιουλιανου βατιλεως (dopo l’Imperator Giuliano) l’anno 485 (Marin. in vit. Procli c. 36).
- ↑ La vita di Proclo, composta da Marino, fu pubblicata dal Fabricio (Hamburg, 1700, et ad calcem Bibliot. Latin. Lond. 1703). Vedi Suida (Tom. III p. 185, 186), Fabric. (Bibliot. Graec. l. V c. 26 p. 449, 552), e Brucker (Hist. Crit. Philos. Tom. II. 319-326).