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dell'impero romano cap. xl. 353

Filosofica tanto ripugnante alla dottrina, o almeno al carattere d’un umil credente. La setta che restava dei Platonici, e che Platone si sarebbe vergognato di riconoscer per sua, fece uno stravagante miscuglio di una sublime teoria con la pratica della superstizione e della magia; e siccome questi rimasero soli in mezzo ad un Mondo cristiano, fomentarono un segreto rancore contro il governo della Chiesa e dello Stato, che tenevano sempre sospesi i rigori sulle lor teste. Circa un secolo dopo il Regno di Giuliano1, fu permesso a Proclo2 d’insegnare nella Cattedra filosofica dell’Accademia, e tale fu la sua industria, che spesso pronunziò nel medesimo giorno cinque lezioni, e compose settecento versi. La sagace sua mente esplorò le più profonde questioni della morale e della metafisica, e s’avventurò a proporre diciotto argomenti contro la dottrina Cristiana della creazione del Mondo. Ma negli intervalli di tempo che gli lasciava lo studio, ei diceva di conversare personalmente con Pane, con Esculapio e con Minerva, ne’ misteri de’ quali era segretamente iniziato, e de’ quali adorava le abbattute statue nella devota persuasione che il Filosofo, ch’è un cittadino dell’Universo, dovesse essere il sacerdote

  1. Questa non è un’Era immaginaria: i Pagani contavano le lor calamità dal regno del loro Eroe. Proclo, di cui la nascita è segnata dal suo Oroscopo (l’an. 412 il dì 8 di Febbrajo a Costantinopoli), morì 124 anni απο Ιουλιανου βατιλεως (dopo l’Imperator Giuliano) l’anno 485 (Marin. in vit. Procli c. 36).
  2. La vita di Proclo, composta da Marino, fu pubblicata dal Fabricio (Hamburg, 1700, et ad calcem Bibliot. Latin. Lond. 1703). Vedi Suida (Tom. III p. 185, 186), Fabric. (Bibliot. Graec. l. V c. 26 p. 449, 552), e Brucker (Hist. Crit. Philos. Tom. II. 319-326).