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dell'impero romano cap. xl. |
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espiato il sangue de’ loro compagni. Dopo l’assedio d’Amida, la guerra continuò per tre anni, e l’infelice frontiera provò tutto il peso delle calamità, che essa apporta. Troppo tardi fu offerto l’oro d’Anastasio; il numero delle sue truppe era distrutto dal numero de’ loro Generali; la Campagna restò spogliata de’ suoi abitatori; e tanto i vivi, quanto i morti abbandonati furono alle fiere del deserto. La resistenza d’Edessa, e la mancanza di preda fece piegar l’animo di Cabade alla pace: ei vendè le sue conquiste un prezzo esorbitante; e la medesima linea di confine, quantunque segnata di stragi e di devastazioni, continuò a separare i due Imperi. Per evitare simili danni, Anastasio risolvè di fondare una nuova Colonia sì forte, che sfidar potesse la potenza Persiana, e sì avanzata verso l’Assiria, che le stazionarie sue truppe fosser capaci di difendere la Provincia, mediante la minaccia o l’esecuzione d’una guerra offensiva. A tale oggetto fu popolata ed ornata la Città di Dara1 distante quattordici miglia da Nisibi, e quattro giornate di cammino dal Tigri; le precipitose opere d’Anastasio furono migliorate dalla perseveranza di Giustiniano; e senza fermarci su piazze meno importanti, le fortificazioni di Dara possono rappresentarci l’Architettura militare di quel secolo. Fu circondata la Città da due muri, e lo spazio ch’era fra questi di cinquanta passi, serviva di ritirata al bestiame degli assediati. La
- ↑ Procopio fa un’ampia e corretta descrizione di Dara (Persic. l. I c. 10. l. II c. 13 de Aedif. l. II c. 1, 2, 3. l. III c. 5). Se ne veda la situazione presso il Danville (l’Euphrate et le Tigre p. 53, 54, 55) quantunque sembra, ch’egli raddoppi la distanza fra Dara e Nisibi.