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dell'impero romano cap. xl. |
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o Zenone loro compatriotto, invitò una fedele e formidabil truppa d’Isauri, che insultaron la Corte e la Città, e furon premiati con un annuo tributo di cinquemila libbre d’oro. Ma le speranze di fortuna spopolarono le montagne, il lusso snervò la durezza degli animi e de’ corpi loro, ed a misura che si frammischiaron con gli uomini, divennero meno capaci di godere la povera e solitaria lor libertà. Morto Zenone, Anastasio suo successore soppresse le loro pensioni, gli espose alla vendetta del Popolo, gli bandì da Costantinopoli, e si apparecchiò a fare una guerra che lasciava loro solamente l’alternativa di vincere o di servire. Un fratello del defunto Imperatore usurpò il titolo d’Augusto; ne fu sostenuta efficacemente la causa dalle armi, da’ tesori e da’ magazzini raccolti da Zenone; ed i nativi dell’Isauria dovevan formare la più piccola parte de’ cento cinquantamila Barbari, che militavano sotto le sue bandiere, le quali furono per la prima volta santificate dalla presenza d’un Vescovo combattente. Le disordinate loro milizie furono vinte nelle pianure della Frigia dal valore e dalla disciplina de’ Goti; ma una guerra di sei anni quasi esaurì tutto il coraggio dell’Imperatore1. [A. 492-498] Gl’Isauri si ritirarono alle loro montagne; le loro Fortezze una dopo l’altra furono assediate e distrutte; fu tagliata la comunicazione, ch’essi avevan col mare; i più bravi de’ loro Capitani morirono in battaglia; quelli che sopravvissero, avanti la loro esecuzione furon tratti in catene
- ↑ La guerra Isaurica, ed il trionfo d’Anastasio si narrano brevemente ed oscuramente da Giovanni Malala (T. II p. 106, 107), da Evagrio (L. III c. 35), da Teofane (p. 118, 120) e dalla Cronica di Marcellino.