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dell'impero romano cap. xl. |
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rono diversi rimedi a’ disastri cagionati dalle acque o da’ terremoti; e tanto Cartagine quanto Antiochia, risorgendo dalle proprie rovine, dovevan venerare il nome del grazioso loro Benefattore1. Quasi ogni Santo del Calendario ebbe l’onore d’un tempio; quasi ogni Città dell’Impero ottenne gli stabili vantaggi di ponti, di spedali e di acquedotti; ma la rigida liberalità del Monarca sdegnò di compiacere i suoi sudditi nelle popolari superfluità de’ Bagni e de’ Teatri. Mentre Giustiniano s’affaticava pel pubblico servizio non si dimenticò della propria dignità e del suo comodo. Il Palazzo di Costantinopoli, ch’era stato danneggiato dall’incendio, fu risarcito con nuova magnificenza; e può formarsi qualche idea di tutto l’Edifizio dal vestibulo della sala che, forse per le porte o pel tetto, chiamavasi Chalche, o di bronzo. La cupola d’uno spazioso quadrangolo era sostenuta da colonne massicce; il pavimento e le mura erano incrostate di marmi di più colori, come del Verde smeraldo di Laconia, dell’infiammato rosso, e del bianco Frigio frammischiato di vene d’un color verde mare; e le pitture a mosaico della cupola e delle pareti rappresentavano le glorie de’ trionfi d’Affrica e d’Italia. Sul lido Asiatico poi della Propontide, in una piccola distanza all’Oriente di Calcedonia, stavan preparati il sontuoso Palazzo ed i Giardini d’Erco2 per la dimora estiva
- ↑ Giustiniano diede una volta quarantacinque centinaia d’oro (180,000 lire Sterline) per la riparazione d’Antiochia dopo il terremoto (Gio. Malala Tom. II pag. 146, 149).
- ↑ Quanto all’Ereo, Palazzo di Teodora. Vedi Gillio (De Bosphoro Thrac. l. III c. 11.), l’Alemanno (Not. ad