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dell'impero romano cap. xl. 279

feriva gli elementi alle stagioni, e supponevasi, che la contesa del Verde e dell’Azzurro rappresentasse il conflitto della terra e del mare. Le respettive loro vittorie annunziavano o un’abbondante raccolta o una prospera navigazione, e la gara che quindi nasceva fra gli agricoltori ed i marinari, era un poco meno assurda che quel cieco ardore del Popolo Romano, che sacrificava le proprie vite e sostanze al colore, che ciascun avea scelto. I più savi Principi sdegnarono e tollerarono tal follìa; ma si videro scritti i nomi di Caligola, di Nerone, di Vitellio, di Vero, di Commodo, di Caracalla, e d’Elagabalo nelle fazioni Verde o Azzurra del Circo; essi ne frequentavano le stalle, applaudivano a quelli, che le favorivano, ne punivano gli antagonisti, e meritavano la stima della plebaglia, mediante la naturale o affettata imitazione de’ loro costumi. Continuarono le sanguinose e tumultuarie contese a disturbar le pubbliche feste fino all’ultima età degli spettatori di Roma; e Teodorico, per un motivo di giustizia o d’affezione, interpose la sua autorità per proteggere i Verdi contro la violenza d’un Console e Patrizio, ch’era fortemente appassionato per la fazione Azzurra del Circo1.

Costantinopoli adottò le follìe, non già le virtù

    Bianco, Rosso, e Verde. Il Veneto poi si spiega con ceruleo, parola di vario ed equivoco significato, che propriamente significa il cielo riflesso nel mare: ma l’uso ed il comodo può permettere di prender l’azzurro come un equivalente (Roberto Stefano a questo vocabolo, Spence Polymetis p. 228).

  1. Vedi Onofrio Panvinio de Ludis circensibus L. I c. 10, 11, l’annotaz. 17 all’Istoria de’ Germani di Mascovio, e l’Alemanno al c. 7.