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dell'impero romano cap. xl. 269

le arti del piacer sensuale1, con la massima ingratitudine si doleva della parsimonia della Natura2; ma bisogna velare nell’oscurità d’una lingua dotta i lamenti, i piaceri e gli artifizi di essa. Dopo d’essere stata per qualche tempo il principale oggetto del piacere e del disprezzo della Capitale, condiscese ad andar via con Ecebolo, nativo di Tiro che aveva ottenuto il Governo della Pentapoli affricana. Ma quest’unione fu fragile e passeggiera; Ecebolo scacciò ben presto una dispendiosa ed infedel concubina; si ridusse essa in Alessandria ad un’estrema miseria; e nel laborioso di lei ritorno a Costantinopoli, ogni Città dell’Oriente ammirò e godè la bella Cipriotta, il cui merito pareva che provasse la sua discendenza dall’Isola particolare di Venere. Il moltiplice commercio di Teodora e le sue detestabili precauzioni la preservarono dal pericolo, ch’essa temeva; ciò non ostante una volta, ed una volta sola, divenne madre. Il fanciullo fu trasportato ed educato in Arabia da suo padre, che, giunto a morte, gli fece sapere, che egli era figlio di un’Imperatrice. Pieno di ambiziose speranze, il Giovine subito corse senz’alcun sospetto al Palazzo di Costantinopoli, e fu ammesso alla pre-

  1. Teodora sorpassò la Crispa di Ausonio (Ep. 4, XXI) dalla quale imitava il capitalis luxus delle donne di Nola. Vedi Quintil. Institut. VIII, 6 e Torrenzio ad Hor. Germ. l. 1 Sat. 2 v. 10l. 1n una memorabil cena, trenta di poi schiavi servivano a tavola: dieci giovinetti banchettavano con Teodora.La sua carità fu universale. Et lassata viris, necdum satiata, recessit.
  2. Ηος κεκ’ τοιων
    Ella desiderava un quarto altare su cui potesse offrire libazione al Dio d’amore.