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230 | storia della decadenza |
zio, hanno fatto riflettere sopra il suo regno s’estendono lo splendore del loro genio, e della loro dottrina. Cassiodoro però più prudente o più fortunato del suo collega conservò la propria riputazione senza perder la grazia reale; e dopo aver passato trent’anni fra gli onori del secolo, godè altrettanto tempo di riposo nella devota e studiosa solitudine di Squillace.
Era interesse e dovere del Re’ Goto di coltivare, come protettore della Repubblica, l’affezione del Senato1 e del Popolo. I nobili di Roma erano lusingati dai sonori epiteti e dalle formali proteste di rispetto, che si sarebbero più giustamente applicate al merito ed all’autorità de’ loro maggiori. Il Popolo godeva senza timore o pericolo i tre benefizi d’una Capitale, cioè il buon ordine, l’abbondanza, ed i pubblici divertimenti. La misura stessa del donativo2 dimostra una visibil diminuzione di esso: la Puglia, la Calabria e la Sicilia versavano ancora i loro tributi ne’ granai di Roma; si distribuiva una porzione di pane e di companatico, agl’indigenti cittadini, e stimavasi onorevole qualunque ufizio, che fosse destinato alla cura della loro salute e felicità. I giuochi pubblici, di tal sorta che un ambasciator greco potea decentemente applaudirvi, presentavano una languida e debole copia della magnificenza de’ Cesari: però la musica, la ginnastica e l’arte pantomimica non eran del tutto cadute in oblìo; le fiere dell’Affrica esercitavano tuttavia il coraggio e la destrezza de’ cacciatori; e l’in-