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dell'impero romano cap. xxxix. | 217 |
malità piuttosto che la sostanza del suo governo; ed in vano si cercherebbero i puri e spontanei sentimenti del Barbaro, in mezzo alla declamazione e dottrina di un Sofista, a’ desiderj d’un Senator Romano, alle formule d’ufizio, ed alle dubbiose espressioni, che in ogni Corte ed in ogni occasione formano il linguaggio d’un discreto Ministro. Con maggior fiducia può appoggiarsi la riputazion di Teodorico sopra un Regno di trentatre anni visibilmente pacifico e prospero, sull’unanime stima de’ suoi contemporanei, e sulla memoria della sua saviezza, giustizia ed umanità, non meno che del suo coraggio, che restò profondamente impresso nelle menti dei Goti, e degl’Italiani.
Il ripartimento delle terre d’Italia, delle quali Teodorico assegnò la terza parte a’ suoi soldati, si cita onorevolmente come l’unica ingiustizia della sua vita. Ed anche quest’atto si può plausibilmente giustificare coll’esempio d’Odoacre, co’ diritti di conquista, col vero interesse degl’Italiani, e col sacro dovere di far sussistere un intiero Popolo, che affidato alle sue promesse erasi trasferito in un lontano Paese1. I Goti sotto il Regno di Teodorico, e nel felice clima d’Italia, tosto s’aumentarono al segno di formare un for-
- ↑ Procop., Gothic. l. 1. c. l. 1ariar. II. Il Maffei (Verona Illustr. P. I. p. 228) esagera l’ingiustizia de’ Goti, che egli odiava come un nobile Italiano: ed il plebeo Muratori s’umilia sotto la lor oppressione.
Gio. Garrezio (Rotomag. 1679 in Opp. Cassiodor. 2. Vol. in fol.) ma essi meritavano, ed esigevano un editore come il Marchese Scipione Maffei, che pensò di pubblicarli in Verona. La barbara eleganza (come ingegnosamente la chiama il Tiraboschi) non è mai semplice, o raramente chiara.