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212 | storia della decadenza |
duemila carri, che nella guerra dell’Epiro soffrirono in una sola azione. Traevano i Goti la lor sussistenza dai magazzini di grano, che si macinava dalle loro donne in certi mulini portatili; dal latte e dalla carne de’ loro greggi ed armenti; dal casual prodotto della caccia; e dalle contribuzioni, che imponevano a tutti quelli che ardivano di contendere il passo, o di negar loro un amichevole aiuto. Nonostante queste precauzioni però si trovarono esposti al pericolo, e quasi alle angustie della fame, in una marcia di settecento miglia, intrapresa noi cuore d’un rigido inverno. Dopo la caduta della potenza Romana, la Dacia e la Pannonia non presentavano più il ricco prospetto di popolate Città, di campagne ben coltivate e di comode strade: si rinnovò il regno della barbarie e della desolazione, e le tribù de’ Bulgari, de’ Gepidi e de’ Sarmati, che avevan occupato quella vacante Provincia, furon mosse dalla nativa loro fierezza o dalle sollecitudini d’Odoacre a resistere a’ progressi del suo nemico. In molte oscure, sebben sanguinose battaglie, Teodorico pugnò e vinse, sintantochè superando alla fino coll’abile sua condotta e coraggiosa perseveranza ogni ostacolo, scese dalle alpi Giulie e spiegò le invincibili suo bandiere ne’ confini d’Italia1.
[A. 489-490] Odoacre, non indegno rivale delle sue armi, aveva già occupato il vantaggioso e celebre posto del fiume Sonzio presso le rovine d’Aquileia, essendo alla testa d’un poderoso esercito, i Re2, o Capi del quale