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dell'impero romano cap. xxxvii. 15

operavano in varie maniere, secondo il carattere, e la situazione delle persone. La ragione potea vincere, o la passione sospendere la loro forza; ma essi agivano più vigorosamente su’ deboli spiriti de’ fanciulli, e delle donne; si avvaloravano da segreti rimorsi, o da accidentali disgrazie; e potevano trarre qualche vantaggio da temporali riflessi di vanità, o d’interesse. Naturalmente si supponeva che gli umili e pii Monaci, che avevano abbandonato il Mondo per attendere alla lor salvazione, fossero i più adattati al governo sprituale de’ Cristiani. Si tirava l’eremita ripugnante dalla sua cella, e collocavasi, fra le acclamazioni del popolo, sulla sede Episcopale, i Monasteri dell’Egitto, della Gallia, e dell’Oriente somministrarono una regolar successione di Santi e di Vescovi; e l’ambizione tosto scoprì la segreta strada che conduceva al possesso delle ricchezze, e degli onori1. I Monaci popolari, la riputazione de’ quali era connessa con la fama e la prosperità dell’Ordine, continuamente cercavano di moltiplicare il numero degli schiavi loro compagni. Si

    dettina) ha impiegato tre libri in lode e difesa della vita monastica: egli è indotto dall’esempio dell’arca a presumere, che a riserva degli eletti (cioè de’ Monaci) nessuno forse potrà salvarsi (lib. I. pag. 55, 56). Altrove però si dimostra più umano (lib. 3. pag. 83, 84) ed ammette diversi gradi di gloria simili a quelli del Sole, della Luna, e delle Stelle. Nella sua vivace comparazione d’un Re con un Monaco (lib. III. pag. 116, 121, egli suppone, che il Re sarà più scarsamente premiato, e più rigorosamente punito.

  1. Thomassin (Discipl. de l’Eglis. Tom. I. p. 1426, 1469) e Mabillon (Oeuvr. Posthum. Tom. 2. p. 115, 158). I Monaci furono appoco appoco adottati come una parte della Gerarchia Ecclesiastica.