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massima di non moltiplicarle in un medesimo luogo; sì per la difficoltà di trovar Superiori, come anco per ischivare la gelosia e le divisioni. Ogni Comunità era governata dal suo Abate; e talvolta vi era un Superior Generale che aveva la soprintendenza a molti Monasteri, sotto il nome di Esarco, di Archimandrita, o altro simile: erano però tutti sotto la giurisdizione de’ Vescovi, e in allora non si parlava di esenzione. I Monaci non facevano un Corpo a parte distinto da quello de’ Secolari e del Clero, senza passare dall’uno all’altro. Era cosa ordinaria il prendere i più santi tra’ Monaci, per farli Sacerdoti e Chierici. I Monasteri erano un fondo, in cui i Vescovi erano sicuri di trovar soggetti eccellenti; e gli Abati preferivano di buon grado il vantaggio generale della Chiesa al particolare della loro Comunità1. Tali erano i Monaci tanto celebrati da S. Gio. Grisostomo, da S. Agostino e da tutti i Padri; ed il loro istituto ha continuato, come si vedrà in seguito, per molti secoli a cagione della sua purità. Tra essi principalmente si conservò la pratica della pietà più sublime, e descritta negli Autori i più antichi dopo gli Apostoli2, come nel libro del Pastore, e in Clemente Alessandrino, specialmente nella descrizione, che questi fa del vero contemplativo, da esso chiamato Gnostico. Questa pietà interiore, che sul principio era più comune tra’ Cristiani, coll’andar del tempo si rinserrò quasi tutta ne’ Monasteri. Un giusto numero di tali Monaci, da prescriversi da coloro, che Dio destina al governo dei Popoli, ed alla protezione e difesa di

  1. Ist. l. XIX n. 8 n. 17.
  2. Ist. l. 2 n. 44 l. IV. 41.