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Cassiano, che sono andati a cercarli nel fondo delle loro solitudini, e gli han sforzati a parlare.

Del restante non possono esser sospetti di alcuna specie d’interesse. Si riducevano a una estrema povertà; guadagnavano col lavoro il poco, che lor bisognava per vivere; e degli avanzi facevan limosina. Taluni avevano delle eredità, che coltivavano colle proprie mani: ma i più perfetti temevano, che l’amministrazione delle masserie e delle rendite non gli facesse ricadere nell’imbarazzo degli affari che avevano abbandonato; e preferivano i lavori semplici e sedentari per vivere alla giornata. Talvolta ricevevano delle limosine per supplire alla tenuità de’ loro guadagni: non vedo per altro che ne dimandassero. Erano fedeli alle osservanze e consideravano come essenziali la stabilità ed il lavoro delle mani. Ciascun Monaco stava attaccato alla sua Comunità e ciascun Anacoreta alla sua Cella, sempre che ragioni ben forti non gli costringessero a uscirne: perchè nulla è tanto contrario alla orazione perfetta ed alla purità del cuore, che si eran proposta, quanto la leggierezza e la curiosità1. Nel tener lontana la moltitudine de’ pensieri, ed in rendere la loro anima stabile e tranquilla si prendevano una tal cura, che schivavano fino i luoghi di bella vista, e le piacevoli abitazioni; e se la passavano la maggior parte del tempo rinserrati nelle loro cellette. Stimavano necessario il lavoro non solo per non essere di aggravio ad alcuno, ma anco per conservare l’umiltà e per fuggire la noia.

Le comunità erano numerose2, e si aveva per

  1. Cass. Coll. 24 Ist. XX n. 6.
  2. S. Basil. reg. fus. n. 35.