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dell'impero romano cap. xxxviii. | 183 |
Se queste speculazioni si trovassero dubbiose o fallaci, vi resta sempre una sorgente più umile di conforto e di speranza. Le scoperte de’ Navigatori antichi e moderni, la domestica istoria, o la tradizione delle più illuminate nazioni, rappresentano l’uomo selvaggio, nudo sì nella mente, che nel corpo, e privo di leggi, di arti, d’idee, o quasi di linguaggio1. Da questa abbietta situazione, ch’è forse lo stato primitivo ed universale dell’uomo, egli si è appoco appoco innalzato a comandare agli animali, a fertilizzar la terra, a traversar l’Oceano, ed a misurare il cielo. Il suo progresso nella cultura, e nell’esercizio delle sue facoltà mentali e corporee2 è stato irregolare e vario, infinitamente lento in principio, poi crescente a grado a grado con raddoppiata velocità: a’ secoli d’una laboriosa salita è succeduto un momento di rapida caduta; ed i varj climi del globo hanno sentito le vicende della luce e delle tenebre. Pure l’espe-
- ↑ Sarebbe facile, quantunque noiosa, impresa il produrre le autorità de’ Poeti, de’ Filosofi, e degl’Istorici. Io mi contenterò dunque di rimettermi alla decisiva ed autentica testimonianza di Diodoro Siculo (Tom. I L. I p. 11, 12 L. III p. 184. Edit. Wesseling), Gl’Ittiofagi, che al suo tempo andavan vagando lungo i lidi del Mar Rosso, possono paragonarsi a’ nativi della nuova Olanda (Dampier Viag. Vol. I p. 464, 469). La fantasia, e forse la ragione, può tuttavia supporre un estremo ed assoluto stato di natura, molto al di sotto del livello di questi selvaggi, che avevano acquistato qualche arte, e qualche istrumento.
- ↑ Vedasi la dotta e ragionata opera del presidente Goguet de l’Origine des Loix, des Arts, et des Sciences. Ei rintraccia, da’ fatti e dalle congetture (Tom. I p. 147, 337 edit. in 12), i primi e più difficili passi dell’invenzione umana.