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dell'impero romano cap. xxxviii. | 167 |
cui parti Orientale ed Occidentale son divise da una antica muraglia, limite della vita e della morte, o piuttosto della verità e della finzione. L’Orientale contiene una bella campagna abitata da un Popolo culto; l’aria è salubre, le acque pure ed abbondanti, e la terra dà regolarmente i suoi frutti. Nell’Occidentale oltre la muraglia, l’aria è infetta e mortale, la terra è coperta di serpenti; e quell’arida solitudine è l’abitazione di ombre di morti, che vi sono trasportati dagli opposti lidi, in solidi battelli, e per opera di rematori viventi. Alcune famiglie di pescatori, sottoposte ai Franchi, sono esenti da’ tributi, a riguardo del misterioso ufizio, che si fa da questi Caronti dell’Oceano. Ciascheduno di essi a vicenda è chiamato, nell’orror di mezza notte, ad ascoltar le voci, ed anche i nomi degli spiriti: ei sente il loro peso, e si trova spinto da un’ignota, ma irresistibil forza. Dopo questo sogno di fantasia, leggiamo con stupore, che il nome di quest’isola è Brittia, ch’essa giace nell’Oceano, in faccia all’imboccatura del Reno, e distante meno di trenta miglia dal continente; ch’essa è posseduta da tre nazioni, da’ Frisj, dagli Angli e da’ Brettoni, e che alcuni Angli eran comparsi a Costantinopoli nel seguito degli Ambasciatori francesi. Da questi Ambasciatori potè forse Procopio essere informato d’una singolare, quantunque non improbabile, avventura, che indica lo spirito piuttosto, che la delicatezza d’una Eroina Inglese. Essa era stata promessa a Radigero, Re de’ Varni, Tribù di Germani, che confinava coll’Oceano, e col Reno; ma
e di Brettagna, ch’egli ha identificato per mezzo di tante inseparabili circostanze.