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dell'impero romano cap. xxxviii. |
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Magistrato supremo. Ma tale artificial sistema di politica ripugna col torbido e rozzo spirito de’ Sassoni: le loro leggi non ne parlano; ed i loro imperfetti annali non somministrarono, che un oscuro e sanguinoso prospetto d’intestina discordia1. Un Monaco, il quale nella profonda ignoranza della vita umana ha voluto far l’ufizio d’Istorico, sfigura stranamente lo stato della Brettagna, al tempo della sua separazione dall’Impero Occidentale. Gilda2 descrive con florido stile gli accrescimenti dell’agricoltura, il commercio straniero, che ad ogni marea si faceva per mezzo del Tamigi o della Saverna, la stabile e sublime costruzione de’ pubblici e privati edifizi: egli accusa il lusso colpevole del Popolo britannico; d’un Popolo, secondo il medesimo scrittore, ignorante delle arti più semplici, ed incapace, senza l’aiuto dei Romani, di far delle mura di pietra, o delle armi di ferro per la difesa della propria patria3. Sotto il lungo dominio degl’Imperatori, la Brettagna insensibilmente avea preso l’elegante e servile forma d’una
- ↑ Beda ha enumerato sette Re, due Sassoni, uno Juta, e quattro Angli, che l’uno dopo l’altro acquistarono una indefinita superiorità di potenza e di fama nell’Eptarchia. Ma il regno loro fu l’effetto non della legge, ma della conquista; ed egli osserva in simili termini, che uno di essi soggiogò le isole di Man e d’Anglesey, ed un altro impose tributo agli Scoti, ed a’ Pitti (Hist. Eccl. Lib. II cap. 5 p. 83).
- ↑ Vedi Gilda, de excid. Britann. cap. I pag. 1 Edit. Gale.
- ↑ Il Whitaker (Istor. di Manchester Vol. II p. 503, 516) ha sottilmente esposta questa patente assurdità, che si era passata senz’avvertirla dagl’Istorici generali, occupati ad esaminare avvenimenti più interessanti.