Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
dell'impero romano cap. xxxviii. | 119 |
discese a rispondere in tal modo alle querele ed obbiezioni d’Avito, suo suddito. „Non è egli vero, disse il Re di Borgogna al Vescovo, che l’evento delle guerre delle Nazioni o de’ combattimenti privati è diretto dal giudizio di Dio; e che la sua Provvidenza aggiudica la vittoria a chi ha la causa più giusta?„ Per mezzo di tali argomenti, che in quel tempo prevalsero, l’assurda e crudel pratica de’ duelli giudiciali, ch’era stata propria di alcune Tribù di Germania, fu propagata e stabilita in tutte le monarchie dell’Europa, dalla Sicilia fino al Baltico. Al termine di dieci secoli, il regno della violenza legale non era totalmente estinto, e sembra, che le censure inefficaci de’ Santi, de’ Papi, e de’ Sinodi provino solo, che la forza della superstizione s’indebolisce quando, contro la sua natura, fa lega colla ragione, e coll’umanità. I tribunali eran macchiati col sangue forse di innocenti e rispettabili cittadini; la legge, che ora favorisce il ricco, allora cedeva al forte; ed il vecchio, il debole, l’infermo eran condannati o a rinunziare a’ loro più be’ diritti e possessi, o a sostenere i pericoli d’un disuguale combattimento1, o ad affidarsi
- ↑ Accidit, dice Agobardo, ut non solum valentes viribus, sed etiam infirmi et senes lacessantur ad pugnam etiam pro vilissimis rebus. Quibus foralibus certaminibus contingunt homicidia iniusta, et crudeles ac perversi eventus iudiciorum. Come prudente rettorico; sopprime il legale privilegio di far uso de’ campioni.
Lione (l’anno 501 ) stabilisce, e giustifica l’uso del combattimento giudiciale (Leg. Burgund. Tit. XIV in Tom. II p. 267, 268). Trecento anni dopo, Agobardo, Vescovo di Lione, sollecitò Lodovico Pio ad abolire la legge d’un Arriano tiranno (in Tom. VI p. 356, 358). Ei riferisce il Dialogo di Gundobaldo, e d’Avito.