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dell'impero romano cap. xxx. 83

che dall’autorità di S. Ambrogio, che in sogno aveva avuto la promessa della pronta liberazion loro1. Ad un tratto essi videro dalle mura le bandiere di Stilicone, che s’avanzava con le unite sue forze in sollievo della fedele città, e che tosto destinò quel fatal luogo per sepoltura del Barbaro esercito. Possono conciliarsi le apparenti contraddizioni di quegli scrittori, che riferiscono in diverse maniere la disfatta di Radagaiso, senza far molta violenza alle rispettive loro testimonianze. Orosio ed Agostino, ch’erano intimamente connessi per amicizia e per religione, attribuiscono questa miracolosa vittoria piuttosto alla Providenza divina, che al valor umano2. Essi rigorosamente escludono qualunque idea di eventualità, o anche di spargimento di sangue, e positivamente affermano, che i Romani, il campo de’ quali era un teatro d’abbondanza e d’oziosità, godevano delle angustie de’ Barbari, che lentamente spiravano sulla scoscesa e nuda cima de’ colli di Fiesole, che s’innalzano sopra la città di Firenze. Si può con tacito disprezzo riguardare la stravagante loro asserzione, che neppure un soldato dell’esercito Cristiano restasse ucciso o ferito; ma il

  1. Paolino (in vit. Ambros. c. 50) riferisce quest’istoria ch’egli attinse dalla bocca di Pansofia medesima, pia matrona di Firenze. Pure l’Arcivescovo presto cessò di prender parte attivamente negli affari del Mondo, e non fu giammai un santo popolare.
  2. Agostin. de Civit. Dei. V. 25. Oros. l. VII. c. 37. p. 567-57l. 1 due amici scrissero nell’Affrica dieci o dodici anni dopo la vittoria; e l’autorità loro è seguitata implicitamente da Isidoro di Siviglia (In Chron. p. 713. Edit. Grot.). Quanti fatti interessanti avrebbe Orosio potuto inserire nello spazio, che è consacrato da lui ad un pio non senso?