Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/85


dell'impero romano cap. xxx. 79

guardia dodicimila guerrieri, distinti dal volgo per la nobile nascita o per le valorose lor geste1; e tutta la moltitudine, che non era minore di dugentomila combattenti, aggiuntevi lo donne, i fanciulli, e gli schiavi, poteva montare sino al numero di quattrocentomila persone. Venne questa terribile emigrazione dalla medesima costa del Baltico, dalla quale uscirono le migliaia di Cimbri e di Teutoni ad assaltar Roma e l’Italia nel vigor della Repubblica. Dopo la partenza di quei Barbari, il nativo loro paese, in cui si vedevano i vestigi di lor grandezza, come grosse mura, e moli gigantesche2, fu per qualche secolo ridotto ad una vasta ed arida solitudine, finattantochè non fu rinnovata la specie umana dalla forza della generazione, e non fu ripieno quel vôto dal concorso di nuovi abitanti. Anche le nazioni, che presentemente usurpano un’estension di terreno, che non son capaci di coltivare, sarebber tosto soccorse dall’industriosa povertà dei loro vicini, se il governo dell’Europa non proteggesse i diritti, del dominio e della proprietà.

[A. 406] Era in quel tempo tanto precaria ed imperfetta la corrispondenza delle nazioni fra loro, che potevano ignorarsi nella Corte di Ravenna le rivoluzioni del Norte, finattantochè l’oscura nube, che si era ammassata lungo la costa del Baltico, scoppiò in fulmine sulle rive dell’alto Danubio. L’Imperator dell’Occidente si con-

  1. Olimpiodoro appresso Fozio (p. 180) usa il vocabolo greco όπτϊμάτοι, che non dà alcuna idea precisa. Io sospetto, che fossero Principi e nobili coi loro fedeli compagni, cavalieri coi loro scudieri, come si sarebber chiamati alcuni secoli dopo.
  2. Tacit. De morib. German. c. 37.