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dell'impero romano cap. xxx. |
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stati occupati dallo truppe Imperiali, dove si trovò esposto ad un generale attacco nella fronte, ne’ lati, e nella retroguardia. In questa sanguinosa azione, che seguì ad una piccola distanza dalle mura di Verona, la perdita de’ Goti non fu meno grave di quella che avevan sofferto nella disfatta di Pollenzia; ed il loro valoroso Re, che scampò per la velocità del suo cavallo, avrebbe dovuto restare ucciso, o prigioniero, se la precipitosa temerità degli Alani non avesse sconcertato i disegni del Generale Romano. Alarico assicurò i residui del suo esercito sopra le vicine rupi; e si preparò con indomita fermezza a sostenere un assedio contro il numero superiore del nemico che l’investì da ogni lato. Ma non poteva egli opporsi al distruttivo progresso della fame e del disagio; nè gli era possibile di frenare la continua diserzione de’ capricciosi ed impazienti suoi Barbari. In questa estremità trovò ancora nuovi ripieghi nel proprio coraggio, o nella moderazione del suo nemico; e risguardossi la ritirata del Re Goto come la liberazione dell’Italia1. Nonostante il Popolo ed anche il Clero, incapace di formare alcun ragionevol giudizio degli affari di pace e di guerra, pretese d’attaccar la politica di Stilicone, il quale tante volte circondò, e tante volte lasciò scappare l’implacabil nemico della Repubblica. Il primo momento della pubblica salvezza è consacrato alla gratitudine ed alla gioia; ma il secondo s’occupa diligentemente nell’invidia e nella calunnia2.
- ↑ La guerra Gotica ed il sesto Consolato di Onorio, legano oscuramente insieme gli avvenimenti della ritirata di Alarico e delle sue perdite.
- ↑ Taceo de Alarico.... saepe victo, saepe concluso,