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dell'impero romano cap. xxx. 59

dell’esercito barbaro, ed empì di costernazione l’Italia„; crebbero i timori d’ogni individuo in proporzione delle proprie sostanze, ed i più timidi, che avevano già imbarcato i loro più valutabili effetti, meditavano di fuggire nell’isola di Sicilia, o alle coste dell’Affrica. L’angustia pubblica veniva aggravata dai timori e da’ rimproveri della superstizione1. Ogni momento produceva qualche orrida novella di strani e portentosi accidenti. I Pagani deploravano la non curanza degli augurj, e l’interrompimento de’ sacrifizj; ma i Cristiani traevan sempre qualche conforto dalla potente intercessione dei Santi, e dei Martiri2.

L’Imperatore Onorio si distinse dai suoi sudditi per la superiorità del timore, ugualmente che per quella del grado. L’orgoglio ed il lusso, nel quale era stato educato, non gli avevan lasciato neppur sospettare, che sulla terra esistesse alcuna potenza tanto presuntuosa da turbare il riposo del successore d’Augusto. Gli artifizi dell’adulazione occultarono l’imminente pericolo, finattantochè Alarico avvicinossi al palazzo di Milano. Ma quando il suon di guerra ebbe svegliato il giovane Imperatore, invece di correre alle armi col coraggio, o anche colla temerità propria dell’età sua, diede ardentemente orecchio a que’ timidi consiglieri, che proposero di trasferire la sacra persona di lui, ed i suoi fedeli Ministri a qualche sicuro

  1. Claudian., de Bell. Get. 199, 266. Ei può sembrare prolisso; ma il timore e la superstizione occupavano altrettanto spazio nelle menti degl’Italiani.
  2. Dal passo di Paolino, che è allegato dal Baronio (Annal. Eccl. an. 403. n. 51) si chiarisce, che una generale agitazione avea penetrato tutta l’Italia, fino a Nola nella Campania, dove quel famoso penitente aveva stabilito la sua dimora.