Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/59


dell'impero romano cap. xxx. 53

cone a ritirarsi, al superbo comando de’ suoi rivali, dagli stati d’Arcadio, ed ei rispettò nel nemico di Roma l’onorevol carattere d’alleato e di servo dell’Imperatore Orientale.

[A. 398] Un Greco filosofo1, che vide Costantinopoli poco dopo la morte di Teodosio, pubblicò le sue libere opinioni intorno a’ doveri de’ Re ed allo stato della Romana Repubblica. Sinesio osserva e deplora il fatale abuso, che l’imprudente bontà dell’ultimo Imperatore aveva introdotto nella disciplina militare. I cittadini, ed i sudditi avevan comprato un’esenzione dall’indispensabil dovere di difendere il loro paese, che veniva difeso dalle armi de’ Barbari mercenari. Permettevasi a’ fuggitivi della Scizia di avvilire le illustri dignità dell’Impero; la feroce lor gioventù, che sdegnava il salutare freno delle leggi, era più ansiosa d’acquistar le ricchezze, che d’imitar le arti d’un popolo, oggetto per essi d’odio e di disprezzo; e la potenza de’ Goti era come il sasso di Tantalo, sempre sospeso sulla sicurezza e la pace dello Stato sacrificato. Le misure, che Sinesio raccomanda di prendere, sono i dettami d’un generoso ed ardito patriota. Egli esorta l’Imperatore a ravvivare il coraggio de’ propri sudditi coll’esempio d’una virile virtù; a bandire il lusso dalla Corte e dal campo; a sostituire, in luogo de’ Barbari mercenari, un esercito d’uomini interessati alla difesa delle

  1. Sinesio passò tre anni (dal 397 al 400) in Costantinopoli, come deputato da Cirene all’Imperatore Arcadio. Esso gli presentò una corona d’oro, e recitò in sua presenza l’istruttiva orazione de Regno (p. 1-32 edit. Petav. Par. 1611). Il Filosofo fu fatto Vescovo di Tolemaide nel 410 e morì verso il 430. Vedi Tillemont, Mem. Eccles. Tom. XII. p. 499, 554, 683-685.