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insulti; il sentimento di ciò, che attualmente soffrivasi, veniva più amareggiato dal timore di mali ancor più terribili; e siccome si concedevano sempre nuove terre a nuovi sciami di Barbari, ogni Senatore temeva, che gli arbitrari soprintendenti si accostassero alla favorita sua villa, o al suo più fertil podere. I meno infelici eran quelli, che si sottomettevano quietamente alla forza, a cui era impossibile di resistere. Poichè desideravano essi di vivere, professavano gratitudine verso il Tiranno, che risparmiava loro la vita; e poichè esso era l’assoluto padrone de’ loro beni, quella porzione, che loro lasciava, dovevano risguardarla come un puro e volontario suo dono1. L’angustia dell’Italia fu mitigata dalla prudenza e dall’umanità di Odoacre, che si era per altro obbligato, per prezzo della sua elevazione, a soddisfar le domande d’una licenziosa o turbolente moltitudine. I Re de’ Barbari venivano spesso contrariati, deposti, ed uccisi da’ nativi lor sudditi; e le varie truppe d’Italiani mercenari, che si associarono sotto le bandiere d’un Generale elettivo, pretendevano un privilegio più esteso di libertà e di rapina. Una Monarchia, priva d’unione nazionale, e d’ereditario diritto, tendeva a disciogliersi; dopo un regno di quattordici anni Odoacre fu oppresso dal genio superiore di Teodorico Re degli Ostro-

  1. Tali sono le formule di consolazione, o piuttosto di pazienza, che Cicerone (ad Familiar. lib. IX. epist. 17) suggerisce a Papirio Peto suo amico sotto il militar dispotismo di Cesare. L’argomento però del vivere pulcherrimum duxi è con maggior forza diretto ad un Filosofo Romano, che godeva la libera alternativa della vita o della morte.