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proseguì la vittoriosa sua marcia dalle Termopile a Sparta senza incontrare alcun antagonista mortale; ma uno degli avvocati dello spirante Paganesimo ha confidentemente asserito, che le mura d’Atene eran guardate dalla Dea Minerva col formidabile suo Egide, e dall’irata immagine d’Achille1: e che il conquistatore fu sconcertato dalla presenza delle ostili Divinità della Grecia. In un secolo di miracoli non sarebbe forse giusto il disputare all’istorico Zosimo il diritto al benefizio comune; pure non può dissimularsi, che la mente d’Alarico era mal preparata a ricevere, o dormendo o vegliando, le impressioni della Greca superstizione. I canti d’Omero e la fama d’Achille non eran probabilmente mai giunti all’orecchio dell’ignorante Barbaro; e la fede Cristiana, ch’egli aveva devotamente abbracciato, l’ammaestrò a disprezzare le immaginarie Divinità di Roma e d’Atene. L’invasione dei Goti, in cambio di vendicare l’onore del Paganesimo, contribuì, almeno accidentalmente, ad estirparne gli ultimi avanzi; ed i misteri di Cerere, ch’eran durati ottocent’anni, non sopravvissero alla distruzione d’Eleusi, ed alle calamità della Grecia2.

[A. 397] L’ultima speranza di un popolo, che non potea più contare nè sulle armi, nè sugli Dei, nè sul Sovrano del proprio paese, era collocata nel potente aiuto del Generale d’Occidente; e Stilicone, a cui non era stato permesso di rispingere gl’invasori della Grecia, s’a-

  1. Quale per avventura l’ha dipinto sì nobilmente Omero (Iliad. XX. 164).
  2. Eunapio (in vit. Philos. p. 90-93) dichiara che una truppa di Monaci tradì la Grecia e seguì il campo Gotico.