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dell'impero romano cap. xxxvi. |
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e dell’Affrica; il numero degli abitanti andò continuamente scemando insieme co’ mezzi della sussistenza; ed il paese restò esausto per le irreparabili perdite della guerra, della fame1 e della peste. S. Ambrogio ha deplorato la rovina d’un popolato tratto di paese, che una volta era ornato dalle floride città di Bologna, di Modena, di Reggio, e di Piacenza2. Gelasio Papa era suddito d’Odoacre; ed asserisce con una forte esagerazione, che nell’Emilia, nella Toscana, e nell’addiacenti Province era quasi estirpata la specie umana3. I plebei di Roma, ch’eran nutriti dalle mani del loro Signore, perirono o si dispersero, tostochè mancò la liberalità di esso; la decadenza delle arti ridusse l’industrioso meccanico all’oziosità, ed al bisogno; ed i Senatori, che avrebbero potuto sopportar con pazienza la rovina della patria loro, piangevano la perdita privata delle proprie ricchezze e del lusso. Un terzo di quelle vaste possessioni, alle quali si attribuisce in origine la rovina dell’Italia4, fu riservato pei conquistatori. Le ingiurie s’aggravavano dagli
- ↑ È descritta eloquentemente in prosa ed in versi da un Poeta Francese (Les mois Tom. 2. p, 174-206. Edit. in 12) una carestia, che afflisse l’Italia nel tempo dell’irruzione d’Odoacre Re degli Eruli. Io non so donde abbia egli tratto le sue notizie; ma son certo, che racconta de’ fatti incompatibili con la verità dell’Istoria.
- ↑ Vedasi la lettera 39 di S. Ambrogio, qual è citata dal Muratori nelle Antichità Italiane Tom. I. Diss. XXI. p. 354.
- ↑ Aemilia, Tuscia, ceteraeque provinciae, in quibus hominum prope nullus existit. Gelas. Epist. ad Andromachum ap. Baron. Annal. Eccl. An. 496, n. 36.
- ↑ Verumque confitentibus lati fundia perdidere Italiam. Plin. Hist. natur. XVIII. 7.