Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/533


dell'impero romano cap. xxxvi. 527

[A. 468] Uno degli ultimi atti di giurisdizione, ch’esercitasse il Senato Romano sopra i suoi sudditi della Gallia, fu il processo, e la condanna d’Arvando, Prefetto del Pretorio. Sidonio, che si rallegra di vivere sotto un regno, in cui era permesso di compassionare e d’assistere un reo di Stato, ha esposto con libertà e pateticamente le colpe dell’indiscreto ed infelice suo amico1. I pericoli, che Armando aveva evitati, gli ispirarono ardire, piuttosto che senno; ed era di tal sorta la varia, quantunque uniforme, imprudenza del suo contegno, che dee comparir molto più sorprendente la prosperità, che la caduta di esso. La seconda Prefettura, che ottenne dentro il termine di cinque anni, distrusse il merito e la popolarità della sua precedente amministrazione. La facile sua natura fu corrotta dall’adulazione, ed esacerbata dall’opposizione; e fu costretto a soddisfare gl’importuni suoi creditori con le spoglie della Provincia; la sua capricciosa insolenza offese i nobili della Gallia, e cadde sotto il peso dell’odio pubblico, per un ordine, che indicava la sua disgrazia; fu citato a giustificare la sua condotta avanti al Senato; ed egli passò il mar di Toscana con un vento favorevole; presagio, com’egli vanamente s’immaginava, delle sue future fortune. Si osservò sempre un decente rispetto pel grado prefet-

    tumultuosos, virtute, numero, contubernio contumaces) tratta col loro Generale in un tuono d’amicizia, e di famigliarità.

  1. Vedi Sidonio l. 1. ep. 7. p. 15-20, con le note del Sirmondo. Questa lettera fa onore al cuore, non meno che all’ingegno di esso. La prosa di Sidonio, per quanto sia viziata da un gusto falso ed affettato, è molto superiore agli insipidi suoi versi.