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più piccole1, L’intrepido contegno di Maioriano animava le sue truppe con la fiducia della vittoria; e se può darsi fede all’Isterico Procopio, il suo coraggio talvolta lo trasportò oltre i confini della prudenza. Ansioso d’esplorare co’ propri occhi lo stato de’ Vandali, si avventurò, dopo aver travisato il colore dei suoi capelli, d’andare a Cartagine, sotto nome del suo ambasciatore: e Genserico restò di poi mortificato alla notizia, che aveva avuto nelle sue mani, e lasciato andare l’Imperator de’ Romani. Tale aneddoto può rigettarsi come un’improbabil finzione; ma questa è una finzione, che non si sarebbe immaginata, se non nella vita d’un eroe2.

Genserico senz’aver bisogno d’un congresso personale, era sufficientemente informato del genio, e dei disegni del suo avversario. Egli praticò i soliti suoi artifici d’inganno e di dilazione, ma senza frutto. Le sue negoziazioni di pace diventavano sempre più umili, e forse anche più sincere; ma l’inflessibile Maioriano aveva adottato l’antica massima, che Roma non poteva esser salva, finattantochè Cartagine sussisteva in istato d’ostilità. Il Re de’ Vandali diffidava

  1. Interea duplici texis dum littore classem
    Inferno superoque mari, cedit omnis in aequor
    Sylva tibi etc.
    . . . . . . . .
    Sidonio Paneg. Major. 441, 461.

    Il numero delle navi, che Prisco fissa a 300 vien magnificato mediante un’indefinita comparazione con le flotte d’Agamennone, di Serse e d’Augusto.

  2. Procopio (De Bell. Vandal. l. 1. c. 8. p. 194). Quando Genserico condusse l’incognito suo ospite all’arsenale di Cartagine, le armi da loro stesse fecero dello strepito urtandosi. Maioriano aveva tinto la sua bionda chioma di color nero.