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dell'impero romano cap. xxxvi. |
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tempo in cui la dignità Imperiale riducevasi ad una preminenza di travagli e di pericoli, si abbandonò ai piaceri della mollezza Italiana: l’età non aveva estinto in esso le amorose inclinazioni; e viene accusato di avere insultato con indiscreta ed incivile derisione i mariti di quelle ch’egli aveva sedotte, o violate1. Ma i Romani non eran disposti nè a scusare i suoi difetti, nè a riconoscere le sue virtù. Le varie parti dell’Impero si alienavano l’una dall’altra ogni giorno più; e lo straniero della Gallia era l’oggetto dell’odio e del disprezzo popolare. Il Senato sostenne il legittimo suo diritto nell’elezione dell’Imperatore; e la sua autorità, che in principio era derivata dall’antica costituzione ricevè nuova forza dall’attual debolezza d’una decadente Monarchia. Pure anche una tal Monarchia avrebbe potuto resistere a’ voti d’un inerme Senato, se la malcontentezza di questo non fosse stata sostenuta, e forse instigata dal Conte Ricimero, uno de’ principali comandanti delle truppe Barbare, che formavano la difesa militare d’Italia. La madre di Ricimero era figlia di Vallia Re de’ Visigoti; ma dal lato del padre discendeva dalla nazione degli Svevi2. Dalle disgrazie de’ suoi nazionali potè forse inasprirsi l’orgoglio, o il patriottismo di esso; ed ubbidiva con ripugnanza ad un’Imperatore, nell’inalzamento del qua-
- ↑ Luxuriose agere volens a Senatoribus projectus est; questa è la succinta espressione di Gregorio di Tours (l. II. c. XI. p. 168). Un’antica Cronica (nel Tom. II. p. 649) fa menzione d’uno scherzo indecente d’Avito, che sembra più applicabile a Roma che a Treveri.
- ↑ Sidonio (Paneg. Anthem. p. 302 etc.) loda la nascita reale di Ricimero, legittimo erede, com’egli vuole dare ad intendere, di ambedue i regni, Gotico e Svevico.