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e le speranze di Gaudenzio suo figlio, che aveva già contratto la promessa di matrimonio con Eudossia figlia dell’Imperatore, l’avevano inalzato sopra il grado di suddito. Gli ambiziosi disegni, de’ quali esso fu segretamente accusato, eccitarono i timori, ugualmente che lo sdegno di Valentiniano. Ezio medesimo, sostenuto dalla coscienza del proprio merito, de’ suoi servigi, e forse della sua innocenza, pare che tenesse un altiero ed indiscreto contegno. Il Patrizio offese il suo Sovrano con una ostile dichiarazione; aggravò l’offesa, costringendolo a ratificare, con solenne giuramento, un trattato di riconciliazione e d’alleanza; pubblicò i suoi sospetti; trascurò la propria sicurezza; e per una vana opinione, che il nemico da lui disprezzato fosse incapace fino d’un delitto virile, espose la sua persona, entrando nel palazzo di Roma. Mentre egli insisteva, forse con ardore smoderato, sulle nozze del suo figlio, Valentiniano, sfoderata la spada, la prima spada che avesse giammai sguainato, l’immerse nel petto d’un Generale, che aveva salvato il suo impero: i suoi cortigiani ed eunuchi ambiziosamente si studiarono d’imitare il loro Signore; ed Ezio, trafitto da cento ferite, cadde morto alla presenza reale. Nel momento stesso fu ucciso Boezio, Prefetto del Pretorio; e prima che fosse divulgato il fatto, furon chiamati al Palazzo i principali amici del Patrizio, e separatamente ammazzati. L’orrido avvenimento, palliato sotto gli speciosi nomi di giustizia e di necessità, fu subito comunicato dall’Imperatore a’ propri soldati, sudditi, ed alleati. Le nazioni, ch’erano indifferenti o nemiche d’Ezio, generosamente deplorarono l’indegno destino d’un Eroe: i Barbari, suoi aderenti, dissimularono il loro sdegno e dispiacere; ed il pubblico disprezzo, che