Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/439


dell'impero romano cap. xxxv. 433

tante ambasciata al Re de’ Visigoti, ch’egli eseguì con abilità e buon successo. Rappresentò a Teodorico, che ad un ambizioso conquistatore, il quale aspirava al dominio della Terra, non poteva resistersi che mediante la stabile ed unanime alleanza delle potenze, ch’ei cercava d’opprimere. La vivace eloquenza d’Avito infiammò i guerrieri Goti con la descrizione delle ingiurie, che a’ loro maggiori avean fatte gli Unni, l’implacabil furore de’ quali sempre li perseguitava dal Danubio fino al piè de’ Pirenei. Insistè fortemente, ch’era dovere d’ogni Cristiano il salvare dalla sacrilega violazione le chiese di Dio e le reliquie de’ Santi, e ch’era interesse d’ogni Barbaro, che avesse acquistato uno stabilimento nella Gallia, il difendere i campi e le vigne, che, si coltivavano per proprio uso, dalla desolazione de’ pastori Sciti. Teodorico cedè all’evidenza della verità; prese partito più prudente nel tempo stesso e più onorevole; e dichiarò, che come fedele alleato d’Ezio e de’ Romani, era pronto ad esporre la vita ed il regno per la comun salvezza della Gallia1. I Visigoti, ch’erano in quel tempo nel maturo vigore della lor fama e potenza, obbedirono volentieri al segnal della guerra; prepararono le loro armi e cavalli, e si unirono sotto le bandiere del lor vecchio Re, che volle insieme co’ suoi due figli maggiori

  1. Si descrive imperfettamente la politica d’Attila, d’Ezio, e de’ Visigoti nel Panegirico d’Avito, e nel cap. 36 di Giornandes. Tanto il Poeta, che l’Istorico erano preoccupati da personali o nazionali pregiudizi. Il primo esalta il merito e l’importanza d’Avito: Orbis, Avite, salus, etc. L’altro è ansioso di porre i Goti nell’aspetto più favorevole. Pure la coerenza dell’uno coll’altro, quando son bene interpetrati, è una prova della loro veracità.