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dell'impero romano cap. xxxv. |
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frequenti ambascerie tenevano aperto un continuo commercio fra il campo di esso ed il Palazzo Imperiale. La figlia dunque di Placidia, tratta dall’amore, o piuttosto dalla vendetta, sacrificò qualunque dovere e ogni pregiudizio; ed offrì d’abbandonare la una persona nelle braccia d’un Barbaro, di cui non sapeva il linguaggio, che appena aveva la figura umana, e del quale aborriva la religione e i costumi. Per mezzo d’un fedele Eunuco essa mandò ad Attila un anello in segno della sua affezione; ed istantemente lo scongiurò a domandarla come sua legittima sposa, a cui segretamente avesse promesso le nozze. Tale indecente proposizione però fu ricevuta con freddezza e disprezzo; ed il Re degli Unni continuò ad accrescere il numero delle sue mogli, finattantochè non fu risvegliato il suo amore dalle più forti passioni dell’ambizione e dell’avarizia. L’invasion della Gallia fu preceduta e giustificata da una formal domanda della Principessa Onoria, con una giusta ed ugual porzione del patrimonio Imperiale. Gli antichi Tangiù, suoi Maggiori, aveano spesso richiesto per ispose nel medesimo perentorio ed ostil modo le figlie della China: e le pretensioni d’Attila non erano men offensive alla maestà di Roma. Fu dato a’ suoi Ambasciatori un fermo, ma moderato rifiuto. Si negò
fortemente il diritto della successione delle donne, quantunque potesse in favore di quello trarsi uno specioso argomento da’ recenti esempi di Placidia e di Pulcheria; e si opposero gl’indissolubili vincoli d’Onoria alla richiesta del suo Scitico amante1. Come si seppe la sua
- ↑ Vedi Prisco p. 39, 40. Poteva plausibilmente allegarsi, che se le donne potevan succedere al trono, Valentiniano