Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/432

426 storia della decadenza

manzesca cavalleria, il selvaggio Monarca si professò amante e campione della Principessa Onoria. La sorella di Valentiniano era stata educata nel palazzo di Ravenna; e siccome il matrimonio di essa avrebbe potuto cagionar qualche rischio allo stato, fu innalzata, mediante il titolo d’Augusta1, sopra le speranze del suddito più presuntuoso. Ma appena la bella Onoria fu giunta all’età di sedici anni, detestò quella inopportuna grandezza, che doveva per sempre toglierle i diletti d’un onesto amore: Onoria gemeva in mezzo alla varia e non gradita pompa; ella cedè finalmente all’impulso della natura; e si gettò nelle braccia d’Eugenio suo Ciamberlano. La colpa e la vergogna di essa (tal è l’assurdo linguaggio d’un uomo imperioso) vennero tosto scoperte da’ segni della sua gravidanza, ma il disonore della famiglia reale si pubblicò al Mondo per l’imprudenza dell’Imperatrice Placidia, che mandò la sua figlia, dopo un rigoroso e vergognoso confino, in un lontano esilio a Costantinopoli. L’infelice Principessa passò dodici o quattordici anni nella noiosa compagnia delle sorelle di Teodosio, e di quelle vergini elette, alla corona delle quali Onoria non poteva più aspirare, e delle quali essa con ripugnanza imitava la monastica assiduità nelle preghiere, nel digiuno e nelle vigilie. Stanca d’un celibato sì lungo, e senza speranza di libertà, s’indusse a prendere una strana e disperata risoluzione. Il nome d’Attila era in Costantinopoli famigliare e formidabile; e le sue

  1. Sussiste tuttavia una medaglia, che dimostra l’avvenente figura d’Onoria col titolo d’Augusta; e nel rovescio si legge impropriamente salus Reipublicae intorno al monogramma di Cristo. Vedi Du Cange Famil. Byzant. p. 67, 70.