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dell'impero romano cap. xxxv. 419

parato ad armarsi per combattere. I suoi soldati, animati da un marziale o religioso entusiasmo, assaltarono il campo di Litorio; la battaglia fu ostinata, la strage reciproca. Il Generale Romano, dopo una total disfatta, che poteva unicamente imputarsi alla sua temeraria ignoranza, fu realmente condotto per le strade di Tolosa non già nel proprio, ma in un ostile trionfo; e la miseria, ch’egli provò in una ignominiosa e lunga schiavitù, eccitò la compassione degli stessi Barbari1. Una tal perdita in un paese, in cui la bravura e le finanze da lungo tempo erano esauste, non poteva facilmente ripararsi; ed i Goti, a vicenda mossi da sentimenti d’ambizione e di vendetta, avrebber piantato le vittoriose loro bandiere sulle rive del Rodano, se la presenza d’Ezio non avesse rinvigorito la disciplina e la forza de’ Romani2. I due eserciti aspettavano il segno d’un’azion decisiva; ma i Generali, che conoscevan la forza l’uno dell’altro, e dubitavano ciascheduno della propria superiorità, prudentemente riposero le loro spade nel fodero; e la riconciliazione

  1. Salviano ha tentato di spiegare il moral governo della Divinità; il che può facilmente farsi col supporre, che la calamità de’ malvagi sono giudizi, e quelle de’ giusti prove di Dio.
  2. ... Capto terrarum damna patebant
    Lithorio, in Rhodanum proprios producere fines,
    Theudoridae fixum: nec erat pugnare necesse,
    Sed migrare Getis; rabidam trux asperat irum
    Victor, quod sensit Scythicum sub moenibus hostem
    Imputat, et nihil est gravius, si forsitan umquam
    Vincere contingat trepido
    ... (Paneg. Avit. 300 etc.).

    Sidonio quindi prosegue, secondo il dovere d’un Panegirista, a trasferire tutto il merito da Ezio ad Avito suo Ministro.