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e di scagliare i dardi. Esso era capace di soffrir pazientemente la mancanza del cibo o del sonno, ed aveva lo spirito ugualmente che il corpo suscettibile degli sforzi più laboriosi. Era dotato di quel verace coraggio, che sa disprezzare non solamente i pericoli, ma anche le ingiurie; ed era impossibile il corrompere, l’ingannare, o l’intimorire la costante integrità dell’animo suo1„. I Barbari, che si erano stabiliti nelle Province Orientali, appoco appoco impararono a rispettare la fede, ed il valore del Patrizio Ezio. Egli addolcì le loro passioni, studiò i lor pregiudizi, ne bilanciò gl’interessi, e ne frenò l’ambizione. Un opportuno trattato, ch’ei fece con Genserico, difese l’Italia dalle depredazioni de’ Vandali; gl’indipendenti Brettoni implorarono e provarono il salutare suo aiuto; fu ristabilita e mantenuta l’autorità Imperiale nella Gallia e nella Spagna; ed esso costrinse i Franchi e gli Svevi, che aveva superati in battaglia, a divenire utili confederati della Repubblica.

Per un principio d’interesse non meno che di gratitudine, Ezio coltivò assiduamente l’amicizia degli Unni. Allorchè dimorava nelle loro tende, in ostaggio o com’esule, aveva famigliarmente conversato con Attila stesso, nipote del suo benefattore; e sembra che questi due famosi antagonisti fossero uniti con una

  1. Questo ritratto è ricavato da Renato Profuturo Frigerido, scrittore contemporaneo, conosciuto solo per mezzo di alcuni estratti, che ci sono stati conservati da Gregorio di Tours (L. II. c. 8. in. Tom. II. p. 163). Era probabilmente dovere, o almeno interesse di Renato il magnificare le virtù d’Ezio: ma egli avrebbe dimostrato maggior destrezza, se non avesse insistito sulla sua inclinazione a soffrire, ed a perdonare.